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Gruppo delle Pale di San Martino

 

 

L’immagine che alla maggiore parte dei turisti s’imprime nella mente (come uno dei «panorami obbligati» delle Dolomiti) è l’aguzza  piramide del ► Cimon della Pala che svetta sui prati di Passo Rolle. Ma il gruppo delle Pale, scrive Cesare Battisti, «può dirsi un gruppo nel vero senso della parola, gruppo risultante dall’aggregazione di monti bizzarri e fantastici non già disposti a catena, ma collocati sopra un grosso piedistallo quadrato». Questa è veramente l’impressione che da qualsiasi cima delle Pale si prova alla vista del grande altipiano e delle cime che vi si accalcano intorno. Percorrendo le strade intorno al gruppo non si vedono i due versanti della catena, ma sempre, di ciascuna, il lato esterno. L’orografia del gruppo resta misteriosa finché non lo si attraversa.

Le Pale di San Martino ebbero in passato anche altri nomi: quello più generico di Gruppo delle Pale (genuinamente di uso locale) e quello, fondato nella storia e usato soprattutto dai primi alpinisti tedeschi e inglesi, di Dolomiti di Primiero. I confini storici di Primiero, infatti, si spingono altre il Passo Rolle a comprendere l’alta Val Travignolo e primierotte sono le malghe Juribello e Venegiotta. Fu l’età del turismo a dare il nome vincente e definitivo al gruppo dolomitico, dopo che il vecchio ospizio di ► San Martino di Castrozza aveva dato origine a una località di fama internazionale.

Situato fra Primiero e l’Agordino (quindi fra le province di Trento e di Belluno), in una regione di frontiera sia storica (fra Veneto e Tirolo) sia geologica (al margine occidentale dell’area dolomitica) il complesso delle Pale di San Martino è delimitato da importanti fratture di origini tettonica: a Ovest l’alta valle del Cismon fra Passo Rolle e la conca di Primiero; a Est la valle del Cordévole fra Cencenighe e Agordo; a Sud la linea di Passo Cereda, il bacino superiore del torrente Mis e il solco della Valle Imperina, che scende al Cordévole; infine, sul versante settentrionale, l’alta valle del Travignolo con la Val Venegia, Passo Vallès e la valle del Biois.

La suddivisione del gruppo delle Pale è stata effettuata nel tempo con diversi criteri, che corrispondono al prevalere dell’interesse geografico ovvero di quello alpinistico.

Quella adottata da Ettore Castiglioni nella compilazione della Guida delle Pale di San Martino, CAI-TCI 1935 risponde sia a una logica geografica, dato che segue le principali linee tettoniche del gruppo, sia a una logica alpinistica: l’esplorazione di ciascuno dei sottogruppi, infatti, maturò in momenti diversi e corrispose, in parte, a concezioni differenti dell’alpinismo. Possiamo così individuare: la Catena settentrionale, alta sopra la valle del Biois e sulla Val Venegia fino al Passo del Travignolo (2925 m.); la Catena di San Martino, che comprende tutto il lato occidentale sopra la Val Cismon, dal Passo del Travignolo fino ai prati che dal Cimerlo, all’estremo Sud del gruppo, scendendo sulla conca di Primiero; il Massiccio centrale, cioè l’asse trasversale costituito dall’altipiano delle Pale e dai sottogruppi della Fradusta e di Cima Canali, tra Forcella Cesurette (1801 m.) a Nord e i passi Pradidali basso (2658 m.) e Canali (2469 m.) a Sud e Sud-Est; la Catena meridionale, a Est della Val Canali e della Valle d’Angheraz, dal Passo Cereda ai precipizi dell’Agnèr in Val di San Lucano; le ► Pale di San Lucano e il gruppo di Cima Pape, nel restante triangolo compreso fra le valli di San Lucano e di Garès e il solco del Cordevole.

 

L’Altopiano. L’elemento di snodo del gruppo, l’Altipiano delle Pale, è quasi invisibile da valle: lo s’intuisce dall’imbocco della Val Garès e dalla testata della Val Canali, ma occorre entrare nel cuore del massiccio e spingersi sull’orlo dell’altipiano stesso per rendersi conto della sua grandiosità. E’ un vasto pianoro carsificati, largo 5 km e lungo 10, a una quota fra i 2500 e i 2700 m; da esso si diramano tre valli profondamente incise – le valli di Garès e di San Lucano verso l’Agordino, la Val Canali verso Primiero. Nelle carte la rappresentazione dell’Altipiano compare solo all’inizio dell’Ottocento, con il nome di Monte Miel. E Coston di Miel è appunto il nome che le carte danno tuttora all’orlo dell’altipiano verso la Valle di Angheraz: è percorso da uno dei sentieri storici delle Pale, dalla casera di Miel, oggi distrutta, al Pian Miel, un breve ripiano erboso a quota 1866, una sorta di conca sospesa sulla valle di ► Angheraz che ospita un misero ricovero di pastori.

Al di sopra s’impenna l’orlo roccioso dell’altipiano, verso la Tromba di Miel, e poi la Forcella e il Pizzo di Miel. Proprio da quella forcella (2520 m.) un alpinista , Douglas Freshfield nel 1864, vide per la prima volta l’altipiano. Un altro alpinista, Leslie Stephen, nella sua descrizione davanti ai colleghi dell’Alpine Club di Londra, descrisse l’altipiano come «il più selvaggio e sterile dei deserti». Che non è per nulla uniforme e piatto, ma anzi obbliga a districarsi fra conche, risalti, deviazioni per evitare profonde crepe nella roccia.

Nell’altipiano è messa a nudo la superficie della scogliera di Dolomia dello Sciliar che costituisce il corpo delle Pale di San Martino. Una marcata frattura tettonica lo attraversa da Ovest a Est: è la Riviera Manna, percorsa, fra i 2400 e i 2500 metri di quota, dal sentiero fra il Passo Canali e il rifugio Rosetta. A ridosso del rifugio, presso l’orlo dell’altipiano sul versante di San Martino di Castrozza, la Cima della Rosetta, raggiunta dalla funivia da San Martino, nasconde l’altipiano alla vista dalla Val Cismon, ma al tempo stesso convoglia il passaggio incessante, a ondate, di escursionisti e turisti: non sono molti quelli che salgono a piedi da San Martino per il sentiero, con innumerevoli svolte, tracciato nel 1911 per iniziativa del barone tedesco von Lesser. La superficie dell’altipiano presenta tutti i fenomeni del carsismo superficiale: doline, campi carreggiati, inghiottitoi. Le acque defluiscono in fretta, convogliate per via sotterranea ai torrenti che escono improvvisamente nelle ripide valli laterali. La natura carsica del terreno fa sì che le acque non vengano filtrate lungo il percorso; i rischi d’inquinamento, anche dovuto alla pressione turistica, sono dunque assai elevati, in un equilibrio ambientale così delicato.

La Catena di San Martino. Da San Martino di Castrozza si può osservare per intero la lunga catena dolomitica che da Passo Rolle termina sulla Conca di Primiero.

Il Cimon della Pala (3184 m.) è il pilastro d’angolo Nordoccidentale del gruppo. Se il suo versante settentrionale è stretto e appuntito, verso la Val Cismon si presenta con una larga parete che scende, oltre Cima Corona (2768 m.), sul Passo della Rosetta, nei pressi del quale si trova il rifugio Pedrotti. Più a Sud, in secondo piano sopra la ripida e incassata Val di Roda, s’alza la Pala di San Martino (2992 m.), che nasconde sul versante Nord i resti di un piccolo ghiacciaio ormai morto.

Al di là dell’intaglio del Passo di Ball (2448 m.) si trova il largo versante della Cima di Val di Roda (2791 m.), che manda verso la valle del Cismon la frastagliata cresta dei suoi «campanili», e della Cima di Ball (2802 m.). Le due cime sono separate dall’alta Forcella Stephen, un valico escursionistico invisibile da valle. Più avanti, oltre l’anfiteatro dirupato della Val della Vecchia si alzano affiancati il Sass Maòr (2814 m.) e la Cima della Madonna (2752 m.); questa chiude il panorama da San Martino con la linea del famoso Spigolo del Velo che scende sull’alto avvallamento del Cadinot (dove si trova il rifugio del Velo).

Oltre il Sass Maòr, la catena scende ai prati dei Piereni, sui terrazzi sedimentari e morenici sopra Fiera di Primiero con l’articolata mole della Cima della Stanga e del Cimerlo. Quest’ultimo è caratteristico per la presenza di torrioni sulla cresta meridionale. I primi esploratori della zona Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill, lo chiamarono «monte del pellegrinaggio», perché in una giornata di nebbia sembrò loro popolato da una processione di figure velate. Fra i torrioni sale al rifugio del Velo l’aspro sentiero Camillo Depaoli, su vecchie tracce di boscaioli e di cacciatori.

Sul versante opposto la catena è delimitata, oltre che dall’altipiano, da due profonde spaccature vallive pressoché coassiali (una delle grandi linee di frattura tettonica individuabili nel gruppo): dal Passo del Travignolo scende la ripida Val dei Cantoni, che costeggia le crode del Cimone e della Vezzana; dal Passo di Pradidali basso e dal Passo di Ball scende verso Sud la Val Pradidali che va ad innestarsi, dominata dalla parete Est del Sass Maòr, al fondo della Val Canali.

Il bordo occidentale delle Pale, fasciato dalla grande foresta demaniale di San Martino, è spettacolare. La bastionata rocciosa è segnata da conoidi detritiche di ampie dimensioni e da valloni che penetrano in profondità nella catena: tutto il Basamento delle Pale è zona soggetta a particolare protezione nel Parco.

Altri sottogruppi. La Catena settentrionale delle Pale è una selva di torri affacciate da un lato sulla valle del Biois, dall’altro sul vallone delle Comelle e sulla valle di Garès.

Da Nord-Est a Sud-Ovest si dipana dal Cimon della Stria (2391 m.) alla Cima del Focobón (3054 m.) calando poi sul Passo delle Faràngole (2814 m.). Al sottostante Passo del Mulàz (2619 m.), presso il rifugio omonimo, si innesta verso Nord la diramazione al Monte Mulaz (2906 m.), che risulta così in posizione decentrata e assai panoramica. La catena prosegue verso la Cima di Val Grande (3038 m.), la Cima dei Bureloni (3130 m.) e la Cima della Vezzana (che con i suoi 3192 m. è la vetta più alta dell’intero gruppo). Al sottostante Passo del Travignolo (2925 m.), la diramazione settentrionale si collega alla Catena di San Martino. Visto da settentrione,questo settore della catena settentrionale si presenta come una bastionata compatta, fratturata da alte forcelle e canaloni ghiacciati. I passaggi escursionistici sono pochi: solo la Forcella della Stria e il Passo delle ► Faràngole. Ai suoi piedi si stendono invece le valli più verdeggianti e dolci del gruppo: la Val ► Focobón, la Val ► Venegia e la Valle di Garès.

Il Massiccio centrale è una sorta di asse trasversale del gruppo immediatamente a Sud dell’Altipiano; è formato dalla larga dorsale della Cima Fradusta (2939 m.), delle Cime di Manstorna (2816 m.) e del Coro (2670 m.) che, con la giogaia delle Cime del Marmor, si collega alla Croda Granda, al centro della Catena meridionale. Questo asse trasversale non è lineare: mentre a Nord costituisce il bordo meridionale dell’Altipiano, verso Sud prosegue con imponenti gruppi rocciosi: la Cima Canali (2900 m.), il Sasso de le Lede (2580 m.) e la Cima d’Ostio (2405 m.) fra la Val Pradidali e il Vallon delle Lede; la Cima dei Lastei (2846 m.) fra il Vallon delle Lede e la Val Canali. Si tratta delle montagne che dividono, con un triangolo roccioso, la Val Pradidali dalla Val Canali. Sul versante settentrionale la nota dominante è il modesto e poco ripido ghiacciaio della Fradusta, un ghiacciaio d’altipiano con notevoli morene frontali. La massa glacializzata si è ridotta del 60% nel corso dell’ultimo secolo, ed è oggi di circa 65 ettari. Il ghiacciaio fluisce in tutte le direzioni senza creste marcate: solo a Sud è delimitato dalla cresta rocciosa della Cima Fradusta.

La Catena meridionale delle Pale si può dividere in due parti: la prima, fra l’Agnèr (2872 m.) e la Croda Grande, è la più massiccia e grandiosa; l’altra , dalla Croda Grande al Passo Cereda, è la più frastagliata ed elegante. L’►Agnèr, che sulla valle di San Lucano espone una parete di 1600 metri, appare sul versante agordino come un tozzo becco, le cui pendici fanno da pilastro d’angolo fra la valle del torrente Sarzana e quella di San Lucano. Più oltre si trova la larga bastionata dei Lastei d’Agnèr, mentre l’orizzonte agordino è chiuso dal declivio del Coston di Luna che s’innesta all’articolato complesso di pareti della Croda Grande. Oltre il Col di Luna la catena meridionale prosegue verso Sud-Ovest con il Sasso di Campo (2733 m.) e le Cime dei Vani Alti in cui s’inoltra la selvaggia Val dei Sprit. Altri valloni salgono verso il Sass d’Ortiga (2634 m.) e la Cima d’Oltro, altri sopra i pascoli della Cavallera e dei Domatori. La catena, sempre solitaria e valicata solo da forcelle di carattere alpinistico, si esaurisce con il Monte Feltraio (2295 m.) e con il Dalaibol (2006 m.) sopra il Passo Cereda. Questo settore più meridionale, fino alla Croda Grande, corrisponde sul versante opposto a una serie di pareti che precipitano sulla Val Canali con valloni selvaggi. Particolarmente grandioso il complesso del Sass d’Ortiga, della Pala del Rifugio e della Pala della Madonna, sopra il Rifugio Treviso, che si trova al limite del bosco. L’aspro Vallone delle Mughe costeggia questo complesso a Sud, e sfocia sulla forcella omonima (2261 m.), che si affaccia sul versante agordino. Questa stessa forcella è chiamata, sul lato bellunese, Forcella delle Grave, cioè «dei detriti». Proseguendo verso la testata della Val Canali, si trova i labirintici valloni che portano nel cuore delle Cime del Coro (2670 m.) e dei Vani Alti (2728 m.). Si chiama Vani Alti la conca detritica sospesa fra la Cima dei Vani e il Sasso di Campo; è collegata attraverso Forcella Sprit con la Croda Grande, e precipita sul vallone di Sant’Anna ( e quindi sull’alta Val Canali), con una parete rocciosa. A ridosso della Croda Grande e delle prospicienti Cime del Marmor (2698 m.) c’è il pianoro dei Foch di Croda Grande (dove si trova il Bivacco Reali). Il resto della bastionata, per la Cima della Beta e fino ai Lastei d’Agnèr, si presenta come un complesso di pareti compatte alte oltre mille metri sulla valle d’Angheràz.

Il massiccio delle ► Pale di San Lucano espone pareti di 1300metri sul lato Nord della valle omonima, che fanno da contraltare al versante Nord dell’Agnèr: è il più alto spessore di dolomia della regione.

Più a Nord-Ovest, fra la testata della Val di San Lucano e la Valle di Garès, lo scenario cambia totalmente, con le scure rocce vulcaniche del sottogruppo di Cima Pape. La cresta inizia alla Forcella Cesurette (1801 m.), dove s’innesta l’uniforme Palalada; poi a Forcella Caoz si collega il massiccio della Cima Pape (2503 m.); questo costituisce un groviglio di valloni che scendono ripidissimi sui boschi di Cencenighe e di Canale d’Agordo.

 

Alpinismo. L’esplorazione delle Pale di San Martino iniziò con la doppia traversata, nel 1864, dell’Altipiano da parte di William Douglas Freshfield, Francis Fox Tuckett con due compagni e le loro guide savoiarde.

Negli anni seguenti anche altri inglesi, come John Ball e Leslie Stephen (primo salitore della Fradusta e della Cima di Ball nel 1869) frequentarono e fecero conoscere la zona con i loro resoconti.

I primo exploit importante fu la salita del Cimon della Pala nel 1870, ad opera di Edward Robson Whitwell con le guide Christian Lauener e Santo Siorpaes; la comitiva salì per il versante Nord dal ghiacciaio del Travignolo, per una via pericolosa che fu abbandonata solo dopo che, nel 1889, Ludwig Darmstädter con Johann Niederwieser (Stabeler) e Luigi Bernard ebbero trovato l’attuale via normale attraverso la Val dei Cantoni. In quello stesso anno veniva inaugurato il Rifugio Rosetta sull’orlo dell’altipiano, che apriva al turismo il cuore del gruppo. Nello spazio di quei vent’anni i più evidenti problemi – anche tecnicamente notevoli – delle Pale furono risolti.

Gli ultimi due decenni dell’Ottocento e i primi anni del Novecento rappresentano l’età d’oro delle guide (di Primiero, come di gran parte delle Dolomiti). Nelle Pale erano attive figure di primissimo piano: Michele Bettega, Giuseppe Zecchini, Bortolo Zagonel; intorno a loro si costituì un nutrito gruppo di professionisti della montagna che completarono l’esplorazione delle Pale e allargarono l’attività ad altre zone. Verso la fine Ottocento furono esplorate la Val Canali e la Catena meridionale (in particolare a opera di Oskar Fèlix Schuster con la guida Giuseppe Zecchini) e vennero salite le principali cime della Catena settentrionale: anche qui Giuseppe Zecchini fu tra i protagonisti, insieme ad alpinisti come Alfred von Radio-Radis, Oskar Fèlix Schuster e Thomas Oberwalder.

Il maggiore exploit del periodo che precedette la Grande guerra fu, nel 1905, la via del tedesco Georg Leuchs, da solo, sulla parete Sudovest del Cimon della Pala.

Progredì anche l’esplorazione delle zone più interne delle Pale: in particolare le pareti del gruppo di Cima Canali e quelle che la Fradusta, tanto mite a Nord, mostra sul vallone delle Lede. La scoperta di questo settore fu appannaggio soprattutto degli alpinisti austriaci Karl Plaichinger e Rudolf Hamburger, negli anni precedenti la Grande guerra.

Dopo il conflitto l’alpinismo nelle Pale riprese con vigore, e sono di quegli anni alcune vie che rimasero popolarissime per decenni. Al centro di questa ripresa sta il nome di Günther Langes che aprì ben diciassette nuove vie fra il 1919 e il 1921 in tutta la catena centrale delle Pale, per lo più in compagnia del fratello Sigurd Langes o di Erwin Merlet. Fra esse ricordiamo tre itinerari che resteranno popolari per generazioni. Innanzi tutto la via di accesso, la più breve e relativamente facile, al Cimone per i dirupi della parete Sud: è la via Higusi (dalle iniziali dei fratelli Hilde, Günther, Sigurd Langes): un itinerario assai logico, sul quale per lunghi tratti passano oggi (dal 1970) le attrezzature della bella e frequentatissima ferrata del Cimone. La seconda grande via fu il Gran Pilastro Sudovest della Pala di San Martino; infine la stessa cordata salì nel 1920 la Schleierkante, lo Spigolo del Velo, cioè lo Spigolo Nordovest della Cima della Madonna. Questo itinerario è tuttora una delle arrampicate più classiche e famose delle intere Dolomiti.

Nel 1921 fu la volta della grande via sulla parete Nord dell’Agnèr, ad opera di Arturo Andreoletti, Alberto Zanutti e Francesco Jori, il cui valore però rimase a lungo ignorato.

Fu Emil Solleder a portare le massime difficoltà nel gruppo delle Pale, sulla grande parete Est del Sass Maór nel 1926. Gli era compagno Franz Kummer; i due tedeschi impiegarono otto ore per superare la parete. Affrontarono la parte bassa, liscia e ritenuta in scalabile, e per un camino obliquo giunsero sotto gli enormi strapiombi della parte alta, solcata da un dietro fessurato. Il capolavoro di Emil Solleder fu trovare l’accesso al diedro evitando gli strapiombi, con due traversate e una fessura strapiombante.

Fino al 1948 (l’anno in cui Gabriele Franceschini compì la prima solitaria) la via Solleder fu ripetuta solo venticinque volte, di cui sei da cordate italiane, diciannove da cordate tedesche. In quegli anni, e anche in seguito, i tedeschi furono molto attivi soprattutto in Val Pradidali e in Val Canali. Lo stesso Emil Solleder aprì una via sulla parete Nord della Pala di San Martino e poi sulla Ovest di Cima Canali; Felix Simon e Fritz Wiessner un difficile itinerario sulla parete Est della stessa cima, e poi importanti itinerari sulla Cima dei Lastei e sulla Cima del Coro. Infine va ricordato un altro itinerario, non estremo ma elegantissimo, destinato a diventare superclassico: l’elegante spigolo Ovest del Sass d’Ortiga, superato nel 1928 da H. Kees e Fritz Wiessner.

Nella cronaca di quegli anni furono momenti emblematici le nuove vie sullo spigolo Nord dell’Agnèr (Celso Gilberti e Oscar Soravito, 1932), la diretta sulla parete Sudovest del Cimon della Pala (Alvise Andrich, Furio Bianchet, Mary Varale, 1934) e l’attività intensa di Ettore Castiglioni, intento a compilare la Guida delle Pale, che fu pubblicata nel 1935.

Nel secondo dopoguerra si manifestarono anche qui tutte le tendenze dell’alpinismo: la ripetizione delle grandi vie d’anteguerra, l’arrampicata artificiale, l’alpinismo esplorativo sulle grandi pareti dell’Agnèr e delle Pale di San Lucano, infine l’arrampicata libera estrema moderna.

Fra i protagonisti dell’alpinismo degli anni Quaranta e Cinquanta vanno ricordati la guida Gabriele Franceschini (1948, solitaria della via Solleder al Sass Maór), e Hermann Buhl (Cima Canali, 1950).

Negli anni cinquanta e sessanta l’attività sia delle guide locali, sia dei maggiori alpinisti fu vivace.

Ricordiamo la via di Mayr e Koch al Pilastro Grigio del Mulàz , nel 1956, e una bella serie d’itinerari di Armando Aste: nel 1958 alla Punta Chiggiato con Franco Solina, nel 1959 alla Torre del Focobòn con Josve Aiazzi (una bellissima arrampicata libera), nel 1960 sullo spigolo Nordovest dello Spiz d’Agnèr Nord, con Aiazzi e Solina; nel 1961 lo spigolo Nordest dello Spiz d’Agnèr Nord, con Franco Solina e Angelo Miorandi.

Fra le guide di San Martino, all’inizio degli anni sessanta l’alpinista di punta fu Quinto Scalet; insieme all’altra guida Saverio Scalet fece tra l’altro la prima invernale alla parete Sudovest della Rosetta. Con P. De Lazzer e E. Marmolada, Quinto Scalet aprì, nell’agosto 1961 una via estrema sulla parete Sudovest dei Bureloni, in arrampicata mista.

Il 1964 registra l’apertura di un altro itinerario destinato a diventare famoso, rappresentativo dell’evoluzione dell’alpinismo nel gruppo. Nell’agosto di quest’anno, Samuele Scalet e Giancarlo Biasin superarono la parete Sudest del Sass Maór per una nuova via espostissima e difficile, con arrampicata libera ai massimi livelli e grande impegno di mezzi artificiali: duecento chiodi, fra cui alcuni ad espansione sulla placca finale. Questa via si è trasformata in uno dei simboli dell’alpinismo moderno da quando, nel 1980, Maurizio Zanolla (detto Manolo) la superò in completa arrampicata libera, usando i chiodi esistenti soltanto per assicurazione. Manolo parlò, per la placca finale, di difficoltà al limite del nono grado.

Nel frattempo proseguiva l’esplorazione alpinistica in tutti i settori del gruppo. Basti ricordare le solitarie di Toni Marchesini negli anni Sessanta; le numerose vie aperte dalla guida Renzo Timillero soprattutto in Val Canali; l’attività esplorativa di Bepi Pellegrinon particolarmente nella catena settentrionale, le invernali di Reinhold Messner, con Sepp Mayerl e Heindl Messner nel sottogruppo dell’Agnèr.

Ben presto cominciarono anche sulle Pale ad essere aperte, direttamente in arrampicata libera, vie di nuova concezione, e iniziò la fase dell’alpinismo dolomitico che è tuttora in piena, tumultuosa evoluzione. Dagli anni Settanta prese avvio l’esplorazione delle pareti meridionali delle Pale di San Lucano, alte fino a 1400 metri, e dei versanti settentrionali dell’Agnèr e degli Spiz d’Agnèr. Protagonisti ne furono Alessandro Gogna, Renato Casarotto, Lorenzo Massarotto e altri.

Negli ultimi anni l’arrampicata libera ha trovato su alcune pareti delle Pale un terreno privilegiato.

Autore dei principali exploit è stato Maurizio Zanolla detto Manolo, con difficilissimi itinerari sulla parete Sud della Cima della Madonna (via dei Piazaroi, 1978) e sulla Est del Sass Maór (via Supermatita, 1980; via Nurejev, 1993).

 

 

 


Alpinismo pionieristico nelle Pale di San Martino

 

1869 – Cima di Ball               Leslie Stephen

1870 – Cimon della Pala        Edward Robson Whitwell, Christian Lauener, Santo Siorpaes

1872 – Cima Vezzana            Douglas William Freshfield, Chistian Comyns Tucker

1875 – Sass Maór                   Francis Fox Tuckett, H. A. Beachcroft, B. Della Santa

1875 – Agnèr                         Cesare Tomé, Martino Gnech, Tommaso Dal Col

1878 – Pala di San Martino    Julius Meurer, Alfred von Pallavicini, Santo Siorpaes, Arcangelo Dimai, Michele Bettega

1879 – Cima Canali               Michele Bettega, Chistian Comyns Tucker

1886 – Cima della Madonna  Georg Winkler, A. Zott

1887 – Cima di Focobon       G. D’Anna, Giorgio Bernard

1888 – Cima dei Bureloni      Thomas Oberwalder, Giuseppe Zecchini

 

 

 

 


1864 - Douglas William Freshfield, fece la prima traversata delle Pale di San Martino da Garès a Primiero e da San Martino a Garès (con Francois Devouassod e Francis Fox Tuckett.)

 

1869 - Leslie Stephen e John Ball furono i primi salitore della Cima Fradusta (2939 m.) I due inglesi frequentarono e fecero conoscere la zona con i loro resoconti. (Pale di San Martino).

 

1869 - Leslie Stephen e John Ball furono i primi salitori della Cima di Ball (2802 m. – Pale di San Martino).

 

1869 - Paul Grohmann si sposta a San Martino di Castrozza per tentare, senza riuscirci, la salita del “Cervino delle Dolomiti”: il Cimon della Pala (3185 m.).

 

1870 – 3 giugno. E’ l’anno della prima ascensione al Cimon della Pala (3185 m.), il “Cervino delle Dolomiti”, e viene compiuta da Edward Robson Whitwell con le guide Christian Lauener e Santo Siorpaes; la comitiva salì per il versante Nord dal ghiacciaio del Travignolo, per una via pericolosa che fu abbandonata solo dopo il 1889 quando Ludwig Darmstädter con Johann Niederwieser (Stabeler) e Luigi Bernard ebbero trovato l’attuale via normale attraverso la Val dei Cantoni.

 

1870 – In quell’anno veniva inaugurato il Rifugio Rosetta sull’orlo dell’altipiano, che apriva al turismo il cuore del gruppo. Nello spazio di quei vent’anni i più evidenti problemi – anche tecnicamente notevoli – delle Pale furono risolti.

 

1872 - 5 Settembre. Douglas William Freshfield fece la prima ascensione della Cima della Vezzana (3192 m. – Pale di San Martino), (con Charles Comyns Tucker.) In questa occasione i due salirono senza guida, perché un cacciatore locale che si era impegnato ad accompagnarli ebbe paura dell’insidioso ghiacciaio del Travignolo. Freshfield teorizzò in quell’occasione che, pur essendo bene farsi accompagnare da una guida, gli alpinisti possono raggiungere una sorta di autonomia e di capacità di giudizio che può metterli in condizione, se necessario, di intraprendere salite senza guide.

 

1875 - 4 settembre. H. A. Beachcroft con Chistian Comyns Tucker, Francois Dévouassoud e B. Della Santa salgono il Sass Maor (2812 m.).

 

1875 – 18 agosto. Il simbolo delle montagne agordine: l’Agnèr (2872 m.), viene salito da Cesare Tomé, Martino Gnech e Tommaso Dal Col.

 

1877Cesare Tomé compie la seconda salita del Cimon della Pala.

 

1878 – 23 luglio. Il marchese Alfred von Pallavicini e Julius Meurer, entrambi austriaci, con le guide Santo Siorpaes, Arcangelo Dimai e Michele Bettega raggiungono dopo lungo assedio la vetta della Pala di San Martino (2987 m.)

Michele Bettega si è abilmente presentato ai due signori e, pur non avendo nessuna esperienza di arrampicate, riesce a convincerli d’essere necessario al buon andamento della loro spedizione.

Il Bettega non è ricco e capisce subito che a saperci fare si può migliorare la propria condizione di vita: Ecco il suo curioso motto: “L’è ‘na  bruta bestia, bela e grintosa, la pol copar, ma la dà anche da magnar.”

 

1878 – 9 settembre. Santo Siorpaes con Cesare Tomé e Gottfried Merzbacher realizzano la prima dei Pizzon nei Monti del Sole (AgnerPale di San Martino)

 

1879 - Michele Bettega con Charles Comyns Tucker salirono Cima Canali (2900 m.).

 

1887G. D’Anna e Giorgio Bernard salgono per primi in perlustrazione la Cima di Focobon (3054 m. – Pale di San Martino).

 

1889 - Ludwig Darmstädter con Johann Niederwieser (Stabeler) e Luigi Bernard salirono il Cimon della Pala (3185 m.) e aprirono l’attuale via normale per la cima, attraverso la Val dei Cantoni.

 

1893 - Gilberto Melzi con Giuseppe Zecchini superano la cresta Nordovest del Cimon della Pala con un itinerario che divenne classico.

 

1893 - Leo Treptow e Antonio Dimai aprirono una via sulla parete Sud del Cimon della Pala.

 

1895 – 5 dicembre. Carlo Garbari realizza la prima invernale del Cimon della Pala.

 

1905 – 11agosto. E’ notte, e da solo parte dal paese per affrontare un importante problema del momento sulle Dolomiti: La parete Sudovest del Cimon della Pala. Il tedesco Georg Leuchs apre in solitaria una via in parete di 500 metri valutata oggi di IV° grado.

 

1920 - Günther Langes con Erwin Merlet aprirono una grande via sul Gran Pilastro Sudovest della Pala di San Martino.

 

1920 - Günther Langes con Erwin Merlet salirono la Schleierkante ► (Spigolo del Velo), cioè lo Spigolo Nordovest della Cima della Madonna. Questo itinerario è tuttora una delle arrampicate più classiche e famose delle intere Dolomiti. (Pale di San Martino).

 

1921 – I fratelli Langes (Hilde, Günther, Sigurd) aprirono la via di accesso al Cimon della Pala per i dirupi della parete Sud: è la via Higusi (dalle iniziali dei fratelli Hilde, Günther, Sigurd Langes): un itinerario assai logico, sul quale per lunghi tratti passano oggi (dal 1970) le attrezzature della bella e frequentatissima ferrata Bolver Lugli, una delle più belle, alpinistiche e frequentate delle Dolomiti.

 

1921 – 14/15 settembre. Arturo Andreoletti, Renato Zanutti e la guida Francesco Jori scalano in prima ascensione la gigantesca parete Nordest dell’Agner, realizzando un’impresa veramente storica di assoluto valore. Tale via, che in 22 ore risolve per camini e fessure (da buoni alpinisti classici) i 1500 metri di parete, è classificata di V° grado e non di VI°. Ciò perché, pur avendo molte caratteristiche per essere di VI° grado (l’impegno, la lunghezza, l’ambiente etc.) non ha visto l’uso dei mezzi artificiali e pertanto non si può essere al “limite” delle possibilità umane, e quindi sul VI° grado. Oggi questa via è valutata di V°+ e chiude il periodo dell’alpinismo cosiddetto “Classico”.

 

1922 – Nasce Gabriele Franceschini. Guida alpina, è l’alpinista che certo meglio conosce il Gruppo delle Pale di San Martino, sul quale ha scritto ben cinque guide alpinistiche ed escursionistiche; in queste montagne aprì una ventina di vie nuove. Realizzò la prima solitaria della via Solleder-Kummer al Sass Maor: fu, dopo Emilio Comici, il primo alpinista a ripetere da solo un itinerario considerato di sesto grado.

Sensibile e colto, fu per anni la guida prediletta di Dino Buzzati (che parla di lui in molti articoli e lettere) e di Leopoldo di Brabante. Raccontò le sue esperienze in due libri: Nel silenzio dei monti (1953) e Vita breve di roccia (1986).

 

1926 - Emil Solleder con Franz Kummer in Dolomiti, aprono una magnifica via sulla imponente parete Est del Sass Maor (Pale di San Martino), dove per evitare due fasce strapiombanti Solleder compì due “traversate” espostissime in arrampicata libera, di un livello tecnico decisamente eccezionale per quei tempi.

 

1926 - Fritz Wiessner con Felix Simon realizzano un difficile itinerario sulla parete Est della Cima Canali (2900 m. - Pale di San Martino).

 

1928 - Fritz Wiessner con H. Kees aprono un itinerario non estremo ma elegantissimo, destinato a diventare superclassico: l’elegante spigolo Ovest del Sass d’Ortiga, 2634 m. (Pale di San Martino).

 

1930 - Giovanni Andrich e Attilio Tissi vinsero la parete Sud dell’Agner.

 

1931 – I formidabili Giovanni Andrich e Attilio Tissi salgono la parete Nord della Torre Armena. (Agner - Pale di San Martino).

 

1932 - 28 agosto. Celso Gilberti, con Oscar Soravito, realizza la prima ascensione del formidabile spigolo Nord dell’Agner, alto 1600metri, superando nella parte finale difficoltà di sicuro sesto grado – che oggi sono notevolmente addomesticate dai ripetitori con l’impiego di molti chiodi ad anche di staffe – in arrampicata libera.

 

1934 - Una cordata di prim’ordine, Ettore Castiglioni, Vitale Bramani e Bruno Detassis realizzano la prima ripetizione della parete Nord dell’Agner. Probabilmente questo itinerario fu per tre anni (fino cioè al superamento della parete Nord del Pelmo nel 1924) il più difficile delle Dolomiti.

 

1934 - 6 settembre. Alvise Andrich, negli anni della «battaglia del sesto grado» traccia la direttissima sulla parete Sudovest del Cimon della Pala, con Mary Varale e Furio Biachet: via Dei Bellunesi: settecento metri di parete con l’uso di quaranta chiodi).

 

1939 - 15/16 luglio. Alfonso Vinci con Elia Bernasconi affrontano e vincono l’Agner alle Pale di San Martino, parete Nordovest, oltre 1300 m. di dislivello con 40 chiodi e un bivacco in parete ed uno in vetta. L’intera ascensione fu effettuata sotto un persistente maltempo.Fu classificata VI°+. Ora: e VI° con tratti in artificiale.

Alfonso Vinci e Elia Bernasconi meritarono per questa grande ascensione le medaglie d’oro e d’argento al valore atletico. (itinerario che vedrà i primi ripetitori dopo ben 40 anni!).

 

1948 - Gabriele Franceschini compì la prima solitaria della via Solleder-Kummer sulla parete Est del Sass Maor.

 

1950 - Gabriele Franceschini e Mario Rinaldi trovarono e aprirono itinerari molto difficili sulla parete Sudovest del Cimon della Pala.

 

1950 - Hermann Buhl apre in solitaria una stupenda via sulla Cima Canali. (Pale di San Martino).

 

1955Vittorio Penzo supera in prima solitaria la Parete Nord dell’Agner.

 

1956 – Viene salito in prima solitaria lo Spigolo Nord dell’Agner per opera di Mario Fabbri.

 

1956 - Mayr e Koch aprono una via al Pilastro Grigio del Mulàz (2906 m. – Pale di San Martino).

 

1958 - Armando Aste con Franco Solina aprono un bellissimo itinerario alla Punta Chiggiato (3163 m.).

 

1959 - Armando Aste con Josve Aiazzi in una bellissima arrampicata libera aprono una via alla Torre del Focobòn (3054 m. – Pale di San Martino).

 

1960Armando Aste con Josve Aiazzi e Franco Solina salgono lo Spiz d’Agner Nord, spigolo Nordovest.

 

1960 - Fra le guide di San Martino, all’inizio degli anni sessanta l’alpinista di punta fu Quinto Scalet; insieme all’altra guida Saverio Scalet fece tra l’altro la prima invernale alla parete Sudovest della Rosetta.

 

1961 - Armando Aste con Franco Solina e Angelo Miorandi salgono lo Spiz d’Agner Nord questa volta per lo spigolo Nordest.

 

1961 – agosto. Quinto Scalet con P. De Lazzer e E. Marmolada, aprì una via estrema sulla parete Sudovest dei Bureloni, in arrampicata mista.

 

1964 Samuele Scalet e Gian Carlo Biasin vincono la muraglia di 1000 metri della parete Sud-Est del Sass Maor. (Pale di San Martino). Usano 200 chiodi, fra cui alcuni ad espansione, per completare la salita che vede i protagonisti perennemente nel vuoto, e che termina con una liscia placca finale. Gian Carlo Biasin muore poi scendendo dalla vetta, per la via normale, inciampando su di un mugo!.

 

1967 - Heini Holzer, Günther Messner e Reinhold Messner salgono la parete Nordest dell’Agner e aprono la «via dei Sudtirolesi».

 

1967 - Sepp Mayerl, Heini Holzer e Reinhold Messner in prima invernale vincono lo Spigolo Nord dell’Agner

 

1968 – Il frenetico Reinhold Messner, accompagnato dal fratello Günther Messner, e Sepp Mayerl salgono la parete Nordest dell’Agner (1400 metri) in prima invernale per una via nuova, ed interamente in arrampicata libera (tranne un breve tratto di 20 metri).

 

1968Reinhard Schiestl e Ludwig Rieser liberano i 20 metri di artificiale non riusciti in libera a Reinhold Messner, Günther Messner e Sepp Mayerl sulla parete Nord Est dell’Agner.

 

1970 – E’ l’anno delle grandi esplorazioni dei massicci meno frequentati e più grandiosi delle Dolomiti. Enzo Cozzolino e Luciano Corsi sono impegnati sulla parete Overs dello Spiz d’Agner Nord: 800 metri in libera.

Sempre Enzo Cozzolino con Paolo Rumiz vincono la parete Nord dello Spiz d’Agner Sud: 700 metri con l’uso di 8 chiodi.

 

1975Maurizio ZanollaManolo” con R. De Bortoli con una splendida anche se pur breve salita della fessura strapiombante che taglia la parete di 200 metri incombente sul rifugio Treviso, aprono una nuova via in completa libera che è situata sul Dente del Rifugio (Pale di San Martino) e presenta difficoltà di 6a+.

 

1978 - Maurizio ZanollaManolo” portabandiera del “gesto” e della “purezza” tocca il nuovo limite con la salita della parete Sud della Cima della Madonna. (Pale di San Martino).Questa parete, prima di lasciar passare “Manolo”, ha visto altri tentativi di illustri alpinisti, fra i quali Alessandro Gogna e P. Ravà che invano tentarono di aggrapparsi ad esili buchini, superando passaggi di 6° grado A2/A3/A4. Ma le gesta di Maurizio ZanollaManolo”, che con Aurelio De Pellegrini, Daniele Ruggero e Marco Simoni, permettono di raggiungere l’ultimo chiodo di Gogna, e progredire in arrampicata libera fino ad aprire la via Dei Piazaroi. «In posizioni assurde, barbaramente protetto, “Manolo” piantò anche qualche chiodo, al quale si aggrappò come un naufrago in quell’oceano giallo e verticale di pietra assurda. Sotto, i compagni lo prendevano in giro, sopra era la lotta per la vittoria come al solito inutile, ma grandissima. E da allora nessuno ha mai più osato nulla su quella gialla parete di 7° grado e A4». (Alessandro Gogna)

 

1979 – In una parete calcarea , in mezzo alla dolomia delle Pale di San Martino, si erge la falesia del Totoga. Ed è qui che Maurizio ZanollaManolo” apre un itinerario di 200 metri di sviluppo, con 9 chiodi e 3 stopper, sul quale traccia un’intera lunghezza di 6b- con un passaggio di 6b. La via denominata “Lucertola Schizofrenica”, da un ulteriore impulso al movimento del free climbing che per il Triveneto ha trovato il suo sito ideale nella Valle del Sarca.

 

1980 - Maurizio ZanollaManololibera la via della parete Sud-Est del Sass Maor (Pale di San Martino), di Scalet-Biasin valutando la placca finale di 7b. Questa via si è trasformata in uno dei simboli dell’alpinismo moderno. Manolo la superò in completa arrampicata libera, usando i chiodi esistenti soltanto per assicurazione. Manolo parlò, per la placca finale, di difficoltà al limite del nono grado.

 

1980 - Maurizio ZanollaManolo con Piero Valmassoi disegna nei 1200 metri di sviluppo della parete Nord Ovest del Sass Maor la via Supermatita. In 13 ore supera difficoltà di 6b-/6b usando 7 chiodi e qualche excentrics.

«Per Manolo fu la chiave di accesso alla leggenda».

 

1980Lorenzo Massarotto sale da solo la parete Nord dello Spiz d’Agner e rimane impegnato per 10 ore sulle 24 lunghezze, alcune delle quali estreme, chiodando solo le soste.

 

1980 – Sulla parete Nordovest dell’Agner, lo specialista Riccardo Bee sale realizzando la prima solitaria.

 

1981 - Maurizio ZanollaManolo e Paolo Loss sulla falesia del Totoga (Pale di San Martino), gravati da indecisioni “etiche”, scendono per una parete decisamente compatta, piantando 2 chiodi a pressione, un cuneo, e 2 chiodi normali. Successivamente salgono dal basso la via, che prenderà il nome di “Il Mattino Dei Maghi”. La via presenta passaggi di 7c/8a in netto anticipo rispetto a tutti i “templi” dell’arrampicata sportiva europei (il livello raggiunto in Europa si attesta circa sul 7a/7a+).

 

1981 – Un capolavoro di bellezza estetica, in arrampicata libera, tra strapiombi che non permettono un’eventuale ritirata è la via Del Cuore sulla parete Nord Est dell’Agner, salita da Sandro Soppelsa con l’onnipresente (in questi luoghi) Lorenzo Massarotto. Usano 13 chiodi intermedi e 25 di sosta.

 

1981 – I fratelli Bruno e Giorgio De Donà in prima invernale salgono la parete Ovest dell’Agner.

 

1982Paolo Leoni e Graziano Maffei aprono e dedicano una via a Bruno Crepaz sullo spigolo Nord-Est del Sass Maor (6a/A2).

 

1983Lorenzo Massarotto con Leopoldo Roman sale la parete Nord Est del Sass Maor. I due usano 4 chiodi su difficoltà superiori al 5c.

 

1983Lorenzo Massarotto con Danilo Musson sulla parete Nord Est della Torre Armena (Agner), ovviamente con pochissimi chiodi aprono una nuova via che sale per 750 metri e supera passi di 6b-.

 

1985 - Anche sulla falesia del Totoga (Pale di San Martino) viene superato l’8a con la salita della via Enola Gay.

 

1986 - Maurizio ZanollaManolosulla falesia del Totoga (Pale di San Martino) raggiunge l’8a+/8b con la via Ultimo Movimento in Totoga.

 

1987 - Lorenzo Massarotto, firma in quell’anno, con Giovanni Rebeschini, una via nuova sull’immensa parete Nord dell’Agner. Sino al settimo grado (6b-) sono le difficoltà superate per uno sviluppo di 1700 metri. E’ implicito il non utilizzo di chiodi ad espansione.

 

1987 - Lorenzo Massarotto, che come abbiamo visto raccoglie il testimone lasciato dai grandi alpinisti che lo hanno preceduto, diviene il più degno e fecondo continuatore della severa tradizione classica.

Firma in quell’anno, con Giovanni Rebeschini, una via nuova sull’immensa parete Nord dell’Agner. Sino al settimo grado (6b-) sono le difficoltà superate per uno sviluppo di 1700 metri. E’ implicito il non utilizzo di chiodi ad espansione.

 

1991 - Lorenzo Massarotto accompagnato da Leopoldo Roman, apre una via diretta sullo Spiz de la Lastia (Agner). In poco meno di 11 ore, con l’uso di 9 chiodi, sale per 1700 metri a destra della via Detassis-Castiglioni. Un capolavoro di esposizione e verticalità.

 

1993 - Nell’estate, Manrico Dell’Agnola e Alcide Prati, specialisti del gruppo del Civetta, realizzano il concatenamento in giornata dello spigolo Ovest della Busazza (Civetta) e lo spigolo Nord dell’Agner (Pale di San Martino), con spostamento in mountain bike. I tempi di scalata? - 3 ore e mezzo per i 110 metri della Busazza e 4 ore per i 1600 metri dell’Agner, tutto in giornata.

 

1993 - Maurizio ZanollaManolo” cerca e trova la “profanazione” sulla parete Sud Est del Sass Maor, nelle Pale di San Martino. Egli si cala dall’alto in più riprese e, con il trapano, traccia una via sportiva a sinistra della via Biasin, più o meno come si fa in falesia. La ripetizione dal basso di questa nuova via, la via Nureyev, effettuata in arrampicata libera, incontra difficoltà massime valutate di 8a.

Ma intanto divampano le polemiche. Si grida allo scandalo, e forse si chiude un’altra epoca per le Dolomiti.

Lo spit o chiodo a pressione, così osteggiato, o comunque fieramente (o falsamente) tenuto sotto controllo anche dagli arrampicatori d’avanguardia, a piccoli passi si insinua inevitabilmente in ogni nuova realizzazione.

 

1994 A. Soccombi, P. Penna e M. Tiozzo sulla Pala del Rifugio (Pale di San Martino) salgono 450 metri di parete con difficoltà massime di 6a, attraverso la nuova via denominata Spt.

 

1998Luigi Dal Pozzo e Pino Fontana aprono sulla parete Sud dello Spiz d’Agner Sud, una via di 500 metri, molto bella e sostenuta (passaggi valutati 7c/7c+), con l’uso promiscuo di spit ed ancoraggi “puliti” (dadi, friends, etc.). Il suo nome, forse non casuale, è Nel Ventre del Drago.